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Il Pinocchio di D'Alò con le musiche di Lucio Dalla - Conferenza stampa

18/02/2013 | News |
Il Pinocchio di D'Alò con le musiche di Lucio Dalla - Conferenza stampa

Anteprima romana questa mattina alla Casa del Cinema di Villa Borghese del nuovo Pinocchio animato di Enzo D’Alò, maestro italiano del cinema d’animazione autore de La gabbianella e il gatto. Il film rappresenta un’importante novità nel panorama dell’animazione italiana sia perché è realizzato con un’innovativa tecnica digitale, sia perché si tratta di un’originale rilettura della fiaba di Collodi realizzata sulla base dei disegni del libro illustratato da Lorenzo Mattotti, sia perché il film è impreziosito delle musiche composte dal grande Lucio Dalla. La colonna sonora del film rappresenta l’ultimo lavoro cui il cantautore lavorò fino a pochi giorni prima della sua morte. Lucio Dalla ha inoltre prestato la sua voce al personaggio del Pescatore Verde. Altre voci illustri nel doppiaggio di Pinocchio sono quelle di Rocco Papaleo (Mangiafuoco), Paolo Ruffini (Lucignolo), Maurizio Micheli (il Gatto).
Alla conferenza stampa seguita alla proiezione e moderata da Giorgio Gosetti, Direttore delle Giornate degli Autori sezione della Mostra del Cinema di Venezia 2012 dove il film è stato presentato con successo, era presente Enzo D’Alò, affiancato da Maricla Affatato (sua moglie e promotrice del film che presta anche la voce al personaggio della Volpe), Marco Alemanno in rappresentanza di Lucio Dalla del quale ha ultimato le musiche, e le altre voci del film, Paolo Ruffini e Maurizio Micheli. Presente in sala anche Andrea Occhipinti di Lucky Red che distribuirà Pinocchio a partire dal 21 febbraio in circa 200 copie. Il film uscirà in contemporanea nei quattro Paesi coproduttori, Italia, Francia, Lussemburgo e Belgio. 

Gosetti ha presentato il film parlando di una grande opera difficile da realizzare soprattutto perché non è una cosa semplice inventare una nuova rappresentazione animata del terzo libro più letto nel mondo, il racconto in lingua italiana più pubblicato al mondo. “Il Pinocchio di D’Alò – ha sottolineato Gosetti – rappresenta l’esempio ideale del lavoro di bottega, di un vero lavoro da artigiano”.
La parola è poi passata a Enzo D’Alò che ha spiegato meglio la lunga strada che ha portato al film:

Enzo D’Alò: Faccio una precisazione ulteriore a questi dati, “Pinocchio” è il terzo libro più letto al mondo ma il primo non religioso perché gli altri due sono la Bibbia e il Corano e quindi è una bella responsabilità. Molti anni fa, alla fine degli anni Novanta Max Gusberti mi chiese di farlo e quindi iniziai a studiarci e a lavorarci. La mia prima preoccupazione fu proprio quella di trovare un Pinocchio che fosse legato alla storia di Collodi dal lato della scrittura e dal lato dell’immagine e della musica che fosse qualcosa di completamente nuovo, quindi di non paragonabile a tutto quello che si era già visto e a tutto quello che era già stato raccontato. Dal punto di vista dell’immagine la mia scelta di Lorenzo Mattotti per le illustrazioni è proprio quella di raccontare il film con delle immagini che amo molto. Amo moltissimo il lavoro che lui ha fatto, aveva illustrato il Pinocchio di Collodi e quindi quando la scelta di lavorare con le sue immagini era qualcosa che mi riempiva di piacere e allo stesso tempo qualcosa che nessun altro aveva mai visto prima. La stessa cosa è successa con le musiche di Lucio Dalla, per un’operazione del genere c’era bisogno di un musicista eclettico. Dovevamo affrontare un personaggio come Collodi, uno che amava molto la musica e in particolare Rossini, abbiamo preso la frase iniziale “C’era una volta un re” e abbiamo notato che echeggiavano la prima frase musicale dell’opera “La Cenerentola”. Abbiamo riscoperto molte cose del libro che erano state dimenticate per esempio la bambina dai capelli turchini che non è un’adulta e che richiama l’amore adolescenziale che molti bambini hanno verso ragazze poco più grandi di loro. Tutti questi elementi mi hanno permesso di fare un Pinocchio mai visto prima.

Un’altra domanda per D’Alò. Pinocchio ha aperto le Giornate degli Autori a Venezia e Variety ha dedicato al film la sua homepage. Tu per chi hai fatto questo film?
Enzo D’Alò: I film li faccio per me stesso, io cerco di metterci sempre me stesso e fino a quando il pubblico si riconoscerà in quello che io racconto sono felice. Ma io per prima cosa cerco di emozionare ma stesso perché se non riesco io ad emozionarmi non posso pretendere che il pubblico si emozioni. Lavoro su un libro ma se non fossi d’accordo con quello che l’autore ha scritto non potrei mai farlo.

Una domanda d’obbligo per Marco Alemanno, come sei diventato l’anima di questo film soprattutto dopo la scomparsa di Lucio Dalla?
Marco Alemanno: Io non sono l’anima vera perché sono qui al posto di chi ormai è solo anima cioè Lucio. Lucio era affascinato dall’arte e riconoscendo in Mattotti un artista a 360 gradi ha voluto sposare il progetto e ha iniziato a pensare alle musiche. Il tessuto musicale è in apparenza semplice e orecchiabile ma nasconde citazioni colte come Nino Rota e Gioacchino Rossini, come in Nino Rota e nelle sue marcette si nascondevano riferimenti alla Germania e a Kurt Weill. Lucio amava Pinocchio e le sue bugie, la predisposizione alle bugie di Lucio (che era anche quella di Fellini che Lucio amava molto diceva “Più bugiardo di me c’è solo Fellini”) hanno portato sia Lucio che Fellini a sposare un progetto per Pinocchio. Fellini aveva in progetto un Pinocchio che non si fece mai come Lucio non ha la possibilità di vedere questo Pinocchio di D’Alò. Alla fine io ho terminato la canzone di Lucio dei titoli di coda affidando la parte finale a un coro di bambini per rendere l’addio a Lucio meno triste. Il film poi si chiude con un pannello sulla scomparsa di Lucio Dalla a cui abbiamo scelto di dedicare il film. Tutta la vita di Lucio è stata quella di un eterno Peter Pan, un eterno Pinocchio.

Una domanda per D’Alò. Come hai lavorato in fase di animazione sui disegni di Mattotti?
Enzo D’Alò: Il lavoro con Mattotti è stato di pre-produzione, il suo disegno è enormemente “materico”, fatto di pastelli su carte. Abbiamo costruito insieme i personaggi e lui li ha modificati rispetto a quelli del suo libro e ne ha creati di completamente nuovi. Per gli ambienti abbiamo pensato alla Toscana, alle zone fra Bibbiona e Casale Marittimo, uno scenario che immagino fosse anche quello immaginato da Collodi. Lorenzo Mattotti ha iniziato a fare i disegni e mi ha dato uno o due maquette per scena. A quel punto è entrata in campo l’equipe per dare coerenza all’animazione al computer. Con un’equipe di scenografi abbiamo realizzato le scenografie a partire dai disegni di Lorenzo ma abbiamo cercato di mantenere la “matericità” dei disegni scansionandoli e riportandoli in Photoshop. Il problema è stato integrare le scenografie con i personaggi, perché se dai troppo rilievo alle scenografie l’occhio va troppo su di esse e poco sui personaggi. Gli stessi personaggi sono stati disegnati su una tavolozza grafica per cui ho utilizzato un software che abbiamo utilizzato noi per primi in Europa. E’ un film “tradizionale” con l’uso delle tecnologie più moderne. A questo film hanno lavorato più di 500 persone in studi suddivisi tra quattro Paesei: Italia, Lussemburgo, Francia e Belgio. In più abbiamo lavorato con studi asiatici perché avevano la possibilità di avere a disposizione un gran numero di computer contemporaneamente.

Sempre per D’Alò. Il film ha uno stile d’animazione che si vuole distaccare sia dall’attuale animazione americana sia da quella dei cartoni animati giapponesi. Come si colloca questo film?E' una risposta agli altri stili di animazione?
Enzo D’Alò: Bisogna sempre partire dalla storia. Io adoro l’animazione giapponese come quella americana di Walt Disney. Sono tante le strade possibili ma devono essere congeniali alla storia. Non escludo che un giorno farò un film in 3D all’americana o in stile giapponese (che sento molto vicino drammaturgicamente) ma bisogna trovare la storia adatta. Stiamo doppiando il film che per ora uscirà in quattro Paesi e piace moltissimo. Tutti quanti ci chiedono la versione italiana e non quella inglese perché è molto più espressiva!

Tutti abbiamo in mente il Pinocchio della Disney, come pensi di fare per toglierlo dalla mente degli spettatori? Come anche le tante verità rispetto alla versione Disney ad esempio la balena che non è una balena nel libro di Collodi?
Enzo D’Alò: E’ tipico del sistema disneyano prendere una storia e ricostruire una drammaturgia tutta disneyana. Una balena non avrebbe nessuna possibilità di inghiottire Pinocchio, Collodi la chiama “mostro marino” o “pescecane” e alla fine sembra che fosse un capodoglio. Io sono partito dal libro, molti dialoghi erano stati dimenticati così come alcune figure come il Pescatore Verde di cui Lucio Dalla ha fatto il doppiaggio e cantato il brano. Tutti i personaggi sono stati rimessi al loro posto. Ad esempio il Grillo Parlante non era un personaggio così amato infatti viene schiacciato sul muro all’inizio da Pinocchio. Collodi divide gli animali in due specie: gli animali che giudicano e quelli che stringono rapporti di amicizia con Pinocchio e lo aiutano (ad esempio il cane Alidoro che ho ripreso) e per questo ho ripreso Collodi. E poi Disney ha fatto un Pinocchio tirolese…

Una domanda per Paolo Ruffini che presta la voce a Lucignolo. Perché Lucignolo è più simpatico di Pinocchio?
Paolo Ruffini: Perché è “ganzo”, infatti in questo film è livornese, è goliardico e poi sulla negatività del personaggio non sono tanto d’accordo. Ora andrebbe a votare per il politico che gli fa più promesse, quindi è un po’ credulone come l’italiano medio. Io sono rimasto travolto dall’umanità di questo personaggio . E’ stata un’esperienza “di bottega” ma anche familiare, umana, bella. E poi D’Alò è straordinario è in HD di natura, non ha bisogno di effetti speciali. E per me fare un fim del genere è stata una grande opportunità e non posso che esserne grato.

Una domanda a D’Alò sui personaggi. Mangiafuoco forse ha qualcosa di Carmelo Bene? e la coppia del Gatto e la Volpe, non si era mai vista una Volpe donna così ingombrante e anche più alta del compagno, come è nata?
Enzo D’Alò: Nasce dalla scrittura perché scrivendo questa coppia mi piaceva l’idea che fossero diversi.  Il Gatto è più istrione e “arruffone” e dall’altra parte la Volpe con sensualità e astuzia seduceva Pinocchio, per fare questo un personaggio femminile era l’ideale. Mi piacciono molto poi tutte e tre le voci insieme di Pinocchio, del Gatto e della Volpe, c’è armonia musicale tra le loro tre voci. Ho scelto che il Gatto e la Volpe restassero più a lungo nella storia rispetto agli altri personaggi. Per Mangiafuoco mi sono attenuto invece al personaggio di Collodi.        

Per il Paese dei Balocchi ti sei ispirato a Parnassus di Terry Gilliam?
Enzo D’Alò: Abbiamo cercato di immaginare un Paese dei Balocchi che non fosse punitivo, perché nell’Ottocento quando fu scritto il libro in Italia c’era un disperato bisogno di alfabetizzazione e in Collodi c’era questo tentativo di scolarizzare. Oggi penalizzare i bambini che vanno a un parco di divertimenti ci sembrava esagerato. Abbiamo immaginato un Paese dei Balocchi che fosse quasi psichedelico che costringesse i bambini a un rapporto di sudditanza verso il gioco con effetti caleidoscopici. Invece per i sotterranei del Paese dei Balocchi abbiamo ripreso l’idea della carceri di Piranesi, le immagini sono molto piranesiane con catene e altri oggetti.

Il cuore forte del racconto di Pinocchio è il rapporto padre-figlio. E’ la chiave di lettura migliore di questo film?
Enzo D’Alò: Si, ho raccontato anche le mie esperienze di figlio, la scena iniziale di Geppetto che tira in alto il suo aquilone non c’era in Collodi l’ho inventata per giustificare il finale, anch’esso inventato. Io l’ho inserita perché l’aquilone è un po’ il filo conduttore della fantasia. Geppetto è un padre che si costruisce un figlio, è una figura attuale, oggi spesso si carica un figlio di responsabilità e questo mi piaceva: Geppetto che costruisce Pinocchio e Pinocchio che scappa e rifiuta quello che vuole fargli fare il padre. Pinocchio scappa sullo stesso viale alberato che Geppetto percorreva con il suo aquilone. Geppetto e Pinocchio compiono due viaggi di formazione paralleli e alla fine si accettano e riconoscono, alla fine Geppetto si sente padre quando il figlio fa qualcosa per lui salvandolo. E questo rapporto padre-figlio è la chiave di lettura che si trova anche in Collodi. Ho aggiunto il rapporto con la fantasia, con il desiderio di volare che abbiamo tutti e ho cercato un finale che non fosse triste come il libro. Quel fuggire di Pinocchio bambino ci fa capire che dentro c’è ancora lui, come se dicesse: io sono sempre Pinocchio.

Pinocchio è un romanzo punitivo, un po’ gotico, spaventoso. Come avete lavorato rispetto a queste emozioni?
Enzo D’Alò: Il cinema d’animazione permette di de-contestualizzare e ri-contestualizzare una storia. Io avevo bisogno di alleggerire questa parte gotica e di renderla più solare. In questo senso ho potuto fare delle modifiche, ho scelto di togliere alcune scene forti, alcune le avevo già realizzate come quella dell’impiccagione di Pinocchio, avevo ideato lo storyboard ma quando l’ho visto non mi è piaciuto quindi ho eliminato la scena e ho lasciato l’immagine dell’ombra di Pinocchio impiccato all’alba in campo lungo.

Ha concluso la conferenza stampa Maricla Affatato compagna e collaboratrice del regista che espresso grande soddisfazione per il fatto che il film si sia guadagnato la copertina di “Animation Magazine” importante rivista americana sul mondo dell’animazione.

Elena Bartoni     
 

 


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